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Ottobre 1983: Steve Jobs è già un mito. Ospita un programma organizzato dalla Apple. Sul palco appaiono dei giovani programmatori. Lui li intervista. Quel giorno c'è Bill Gates, che dimostra 15 anni. Jobs è bellissimo, abbronzato, con una testa piena di capelli. Gates dice che nel 1984 la metà del suo fatturato verrà da prodotti McIntosh della Apple. Jobs la Apple e i McIntosh sono il fenomeno del decennio. La Microsoft deve ancora decollare. Il vicino di Gates è il fondatore di Lotus 1-2-3 che in quel momento è più famoso di lui. Il video è un pezzo di storia.
Poi come sempre capita negli affari, le cose cambiano. Già nel 1985 Jobs lascia anche per un pezzetto il ponte di comando di Apple. Ricordo che andai a intervistare il suo successore, John Sculley, era un manager preppy. Veniva dalla Pepsi Cola, dove poteva diventare capo azienda. Jopbs fondò la Next. In quell'epoca passava da New York Romano Prodi, che, come sapete, è un grande esperto di politiche industriali: «In genere - mi disse - un imprenditore di grido che deve ricominciare da capo non ripete gli stessi successi del passato. Sono curioso come andrà a finire». Poi Sculley se ne andò e Jobs tornò alla Apple che vivacchiava.
Andiamo al 2000: il titolo Microsoft capitalizza 556 miliardi di dollari. Quello di Apple 15 miliardi di dollari. Il mito è Gates, l'uomo più ricco del mondo. Arriviamo a oggi: la settimana scorsa la Apple ha superato per capitalizzazione di mercato la Microsoft: 221 miliardi di dollari contro 219. Steve Ballmer, capo di Microsoft, minimizza: «Mi importa poco…», dice. Non è vero. Gliene importa eccome. Ho rivisto Jobs e Gates insieme sul palco nel 2007, a discutere, intervistati da Walt Mossberg il guru digitale del Wall Street Journal. Si punzecchiavano. Gates più morbido, ma fermo. Jobs un po' più rigido vagamente altezzoso.
Allora il percorso per Apple sembrava in discesa. Quello per Microsoft in salita. La differenza? Gates ha cercato diversificazione senza ancora riuscirci. Jobs l'ha trovata nei prodotti al consumo: nel 2007 fa cadere dal marchio Apple "computer". Resta solo Apple. E Microsoft? La rivalità continua. Ma i soldi e le acquisizioni di Microsoft da sole non bastano per crescere. E Pordi ha avuto la sua risposta: un successo imprenditoriale doppio – e persino triplo - è possibile. Certo, non tutti hanno il genio creativo e poliedrico di Jobs.
Così ieri è arrivato il giorno del sorpasso, fra i due eterni rivali dei computer: su Internet i buontemponi si stanno divertendo con un montaggio fotografico e vignetta dell' incontro fra Bill Gates, co-fondatore di Microsoft, e Steve Jobs, co-fondatore di Apple. Seduti uno di fronte all'altro entrambi su sedie rosse, Gates con la sua solita camicia da ufficio azzurra, Jobs con l'eterna dolcevita nera, due look-simbolo di due modi di essere completamente diversi, nello sketch immaginario chiacchierano amabilmente: «Ti ricordi quando eravamo poveri?» chiede Jobs a Gates. «No» risponde Gates. «Nemmeno io!» risponde Jobs. E giù risate.

Già: il fatto che da ieri Apple batta per capitalizzazione Microsoft, nota per essere l'azienda del software n.1 al mondo, significa che Wall Street scommette che l'iPad - il computer tavoletta della Mela - macinerà soldi per Jobs. Eppure a credere per primo nel concetto di computer-tavoletta fu Bill Gates, che già nel Duemila lanciò il Pocket Pc e nel 2002 ci riprovò con il Tablet Pc: antesignani dell'iPad mai decollati. Il tempismo è tutto, nel veloce mondo dell'informatica, che sforna novità in continuazione: il fatto è che nel 2002 non c'era la tecnologia «touch screen» di oggi, che permette di sfogliare le pagine e scrivere con un tocco. E il pennino sullo schermo dei palmari non è mai stato popolare. Roba da computerari, non da far sognare.

E' proprio questa la differenza più eclatante fra i due personaggi, Jobs e Gates, e le due aziende, Apple e Microsoft. La Apple ci ha scherzato sopra nei suoi spot, con l'allegro ragazzo Mac che si confrontava con il grigio burocrate del personal computer: «Hi, I'm a Pc». La Apple ha puntato sulla creatività e la capacità di «think different», pensare «diverso», del suo leader carismatico, ossessionato per il controllo di ogni suo prodotto. La Microsoft invece fin dall'esordio ha puntato sulle abilità di marketing del suo capo, quando sfornò il suo primo sistema operativo Ms-Dos, a rischio di essere tacciata di plagio. Oggi il suo slogan cerca di guardare lontano dai computer da ufficio, per mostrarsi aperta al mondo creativo che preferisce Apple: «Your potential, our passion». E sebbene Gates si sia dimesso dall'azienda già da due anni per occuparsi di attività filantropiche con la moglie Melissa, lasciando le redini al manager Steve Ballmer, nell'immaginario collettivo resta l'occhialuto rivale di Jobs, fin da quando entrambi fondarono nel 1976 le loro aziende nei garage di casa.

Finché Apple produceva solo computer, era un'azienda di nicchia per grafici e artisti, mentre Microsoft macinava miliardi creando software versatili e stringendo alleanze con tutti i produttori, persino con Apple. Da due anni a questa parte Bill Gates non è più l'uomo più ricco del mondo secondo la classifica di Forbes e Microsoft, condannata sia in Usa che in Europa per abuso di posizione dominante, ha diversificato la sua offerta per essere presente su tutti i mercati del digitale: dalle console per videogiochi con la sua Xbox che insidia Nintendo e Playstation Sony fino al nuovo motore di ricerca Bing. Per far concorrenza a Google, terzo incomodo che promette di insidiare le vecchie rivali Apple e Microsoft: loro sono nati nel'era pre-Internet, con i loro software chiusi proprietari. Google è praticamente sinonimo di Internet, e con il nuovo sistema operativo aperto Android promette una rivoluzione da far impallidire sia Jobs che Gates, prigionieri dei loro sistemi bloccati.

Però oggi, giorno dello sbarco dell'iPad in Italia, è il giorno del carismatico Jobs, che sorpassa in Borsa il suo antico rivale. Ed è indubbio che da quando siamo tutti informatizzati e i nostri computer li vogliamo in tasca, sempre connessi a Internet, e soprattutto facili da usare, il mondo con l'interfaccia «user friendly» della Apple è vincente: offre al pubblico un mondo digitale semplificato, facile da accedere e bello da vedere. Steve Ballmer non se ne abbia a male se su Internet c'è chi propone: mandiamo Steve Jobs alla Microsoft. E ne vedremo delle belle.

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